“No e no, non ho sonno, voglio guardare i cartoni”
“Andiamo in camera tua, Giovanni”
“Mamma, se andiamo mi racconti una storiella?”
“Certo! Ti racconto la storia di un sasso.”
***
C’era una volta un sassolino, piccolino piccolino. Era bianco, tutto bianco, ben levigato e dalla forma rotonda. Si trovava in un posto bellissimo, nei pressi del Colle della Scala, vicino al lago di Thures. Era insieme a tanti altri sassolini, di ogni colore, forma e dimensione. Era il più bel sassolino della pietraia. Proprio per questo motivo quando mamma e papà lo hanno visto lo hanno subito preso, per portarlo a casa e regalartelo. Tu non eri con noi durante quella passeggiata, è una camminata troppo lunga e difficile per i bimbi, ma ti abbiamo sempre pensato e quando abbiamo visto quel sassolino abbiamo voluto prenderlo per regalartelo. Mi sono accovacciata io per prenderlo e papà mi aiutava a restare in equilibrio sorreggendo lo zaino. Ho subito conservato il sassolino nella tasca dei pantaloni e abbiamo ricominciato la discesa per tornare da te.
Camminando pensavo a quanto fosse speciale quel sassolino e a come ti saresti divertito a giocare con lui. Immaginavo anche quanti giochi avremmo fatto insieme noi tre con il sassolino: avremmo potuto organizzare un pic nic con lui, o portarlo al parco a conoscere altri sassolini e chi sa quante altre cose belle ti sarebbero venute in mente.
Scendendo dal Colle della Scala tenevo la mano in tasca, per assicurarmi che il sassolino fosse sempre lì. Improvvisamente, però, non l’ho più sentito nella mia mano. Ho cercato il sassolino in tasca e non l’ho trovato. Dov’era finito il sassolino? Avevo un buco nella tasca e non me ne ero accorta? Proprio in quella tasca? O, magari, era scivolato dalla mano sudata per il lungo tempo passato in tasca? Neanche papà lo aveva visto scivolare dai miei pantaloni.
Eravamo molto tristi per aver perduto il nostro (il tuo) sassolino ma non abbiamo potuto fermarci a pensare alla nostra tristezza, bisognava tornare a casa, tu ci aspettavi e papà aveva impegni importanti.
Siamo tornati a casa molto dispiaciuti di aver perduto il sassolino, un po’ smarriti e increduli ma per evitare di rattristarti non ti abbiamo detto nulla, nonostante tu ci abbia chiesto più volte se avessimo preso un regalino per te mentre eravamo in gita.
È così ricominciata la settimana ma tra ufficio, asilo, piscina, cene e giochi io continuavo a pensare al sassolino, il mio sassolino bianco preferito.
Non potevo credere non ci fosse più. Mi sembrava impossibile che non avremmo potuto giocare insieme a lui; più passavano i giorni più quel sassolino prima piccolino piccolino, bianco e levigato diventava nei miei pensieri una grande e pesante pietra nera, ingombrante e sporca di terra. Mi sembrava quasi di averlo in borsa quel sasso brutto e sudicio mentre io avrei voluto il mio sassolino bianco.
Col passare dei giorni il peso del sasso aumentava, mi sembrava che ormai fosse diventato un masso. Un masso talmente pesante da bloccare tutto, il corpo e la mente.
Ma mentre il corpo piano piano guariva la mente era sempre più appesantita e avvitata nel suo dolore. Non ho neanche potuto salutare il mio sassolino prima di perderlo per sempre, pensavo. Non ho portato il sassolino a Giovanni e neanche a papà. E poi, mi manca molto il mio sassolino.
Nessuno sapeva i miei pensieri sul sassolino perché non volevo condividerli con nessuno finché la Zia non ha trovato, un sabato sera, il modo per accarezzare il sassolino.
Intanto lo Zio, che anche lui, a modo suo, voleva accarezzare il sassolino e far andare via il masso, mi martellava parlandomi di un albero, il mandorlo.
Io col mio sasso stavo bene, stavamo imparando a farci compagnia senza disturbarci reciprocamente ma non volevo che tu e papà doveste condividere le vostre giornate oltre che con me anche col masso. Inoltre lo Zio sa essere molto insistente.
Insomma, il mio masso ed io ci ritroviamo in una casetta sull’albero, il mandorlo, per fare amicizia aiutati da una speciale geologa, Elena, che mi insegna a pulire il masso, a prendermene cura e mi consiglia di dargli un nome.
Decido di fidarmi di lei e lo chiamo Pietro.
Adesso Pietro è lì.
Ma questo te lo racconto domani, adesso è ora di dormire.
***
“Mamma, dov’è Pietro?”
“Il sassolino?”
“Sì, il sassolino. Sto aspettando la fine della storia”.
“Pietro è nella mia borsa, nell’astuccio marroncino dove tengo la penna e i fazzoletti. Vai a prenderlo.”
“Mamma, qui non ci sono sassolini… Mamma, c’è un granellino di sabbia…Mammaaa!!! Mi hai comprato un campanellino nuovo per la bici! È azzurro! Grazie!”
“Lascia lì il campanellino, Giovanni, non è per te. È di tuo fratello. Pietro.”.
***
“Mamma, hai mai raccontato alla mia sorellina Maria la storia del sassolino Pietro?”
“No, Giovi, non ancora. Lo farò sicuramente ma sto ancora cercando le parole giuste perché non pensi di non essere stata fin dal primo momento unica e amata. Come te. E come Pietro”.
Il sassolino
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